25 luglio 2019

Design - Chiara Vigo è una dei ultimi maestri nel tessere il bisso, la “seta del mare”.



Chiara Vigo è una dei ultimi maestri nel tessere il bisso, la “seta del mare”.
Siamo in Sardegna, nell'isola di Sant'Antioco, dove Chiara, nipote di un maestro di tessitura e di una maestra di tele da museo, preserva l’arte ereditata dai nonni: la tessitura del bisso marino.


La fibra tessile viene prodotta da u mollusco presente solo nel Mediterraneo, la Pinna Nobilis, dette anche gnacchere, molluschi simili ad una cozza gigante.

La seta del mare veniva anticamente usata per realizzare diversi indumenti, tra i più comuni
Indossati da re e regine, i prodotti in bisso, da sempre filo d’oro prezioso, sono stati negli anni protagonisti di sfarzosi abiti, scialli e guanti e naturalmente per ricamare e impreziosire stoffe.

Questi molluschi sviluppano una bava di cheratina, che, a contatto con l’acqua, si solidifica creando dei filamenti che si annidano intorno alla conchiglia. 
Il bioccolo delle gnacchere, una volta lavorato e sbiondato, diventa bisso dal color oro brillante, soffice e resistente al tempo stesso. 

La tessitura di questi fili rari e preziosi, più sottili di un capello, è un’antichissima tradizione approdata in Sardegna grazie alla principessa Berenice di Caldea, esiliata a Sant’Antioco per essersi innamorata di Tito, imperatore romano. 
Il processo di lavorazione è lento e magico al tempo stesso: la Vigo tesse l’antico filo di seta del mare intonando un canto in ebraico, come una sorta di mantra.
Il bioccolo per essere trasformato in bisso viene ripulito da alghe e conchiglie, pettinato con un cardo a spilli e immerso in acqua dolce per quasi un mese (la sua acqua deve essere cambiata ogni tre ore). 



Possono arrivare anche ad un metro e mezzo di lunghezza e, oltre a produrre piccole perle colorate, generano dei filamenti utilizzati per aggrapparsi ai fondali e difendersi dai polpi. La Pinna Nobilis, ormai in via d’estinzione, oggi è una specie protetta tutelata anche dall'Europa.

Candidata dal 2005 al patrimonio immateriale dell’Unesco, la Vigo tesse il sottile e prezioso filo della memoria di una tradizione dal valore inestimabile.


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